Sempre le cose più belle e più vere scendono nel mondo su ali di colomba, con la voce del poeta e dell' artista, fuori dal frastuono e dal chiasso del nostro tempo inautentico, silenziose, invisibili e interiori, eterne, come un urlo inascoltato. Leggera come un battito d'ali la poesia di Calogero Puzzanghera. Una scrittura apparentemente facile, familiare, così piacevolmente esaustiva nella forma e priva di difficoltà linguistiche e lessicali come è la sua, nasconde nel tessuto testuale pieghe, riferimenti, valenze imprevisti e profondi, suggeriti in sottinteso con sottile abilità di provocazione o lucidamente impostati al di là del senso letterale.
Il significato umano e il risultato felice di questa poesia sono nell'invito al lettore a leggersi dentro, invito portato sul filo di una intensa sincerità di tensione, nell' approccio così sommesso e sotterraneo.
Puzzanghera cerca con noi l’accessibilità possibile (e impossibile) ai problemi e alle incognite vitali dell'esistenza. Uno dei temi più importanti è quello del tempo come memoria di un paradiso perduto o come attesa del "niente". E ad esso è collegato il tema del sogno come evasione "da ogni cosa reale che diviene nulla" e quello della morte verso la quale ci conduce inesorabilmente questo "reo tempo". E allora il poeta ci conduce per mano fin dove il mistero subentra alle ipotesi conoscitive: Dio riempie il vuoto, la vanitas, con la sua ineludibile e sfolgorante presenza. E' il bagliore dell'Essere che si è assentato per far posto all'inutile sforzo umano di una pienezza impossibile. Questa folgore è presente in un attimo non coglibile da una umanità distratta e illumina i luoghi, i fiumi, i destrieri, le pietre, i dammusi, il buio…
Puzzanghera è come un fanciullo che, nella vasta trama delle esperienze comuni, sa cogliere e isolare le sensazioni e le impressioni più fuggevoli, le fissa in parole e le illumina con la sua sensibilità intatta, acuta, fresca. Qualunque soggetto, anche il più semplice, si aureola di meraviglia, anche la più tenue cosa diventa importante e appare enorme. E di cose piccole è fatta sempre la poesia, che consiste nella visione di un particolare inavvertito fuori e dentro di noi. E perciò la poesia di Puzzanghera rifiuta sia le vaste e complesse architetture, sia la ricerca di un tono alto e di un linguaggio indeterminato e stilizzato. La parola di Puzzanghera bussa timidamente alla porta di ognuno di noi e chiede udienza perche sa che "ogni cosa sospira". E allora vivere è come guardare la vita, come guardarsi vivere senza farsi notare. E' pudore o orgoglio dell'albatros, che dalle alte vette tutto contempla e ha paura solo di essere catturato dai marinai sulla tolda della nave. No. In ogni caso, il poeta vuole partecipare della sofferenza e del destino oscuro-lucente degli uomini e ad essi si rivolge -a noi tutti- come credente nel supremo valore della Parola.
E la sua parola di poeta diventa dialogica.
Il logos diventa diàlogos.
Giovanni Cancedda